L'Iter Processuale
Il vile attentato di Firenze è inserito nella scia degli altri attentati del ’92-’93 che provocarono la morte di 21 persone (tra cui i giudici Falcone e Borsellino) e gravi danni al patrimonio artistico. I processi hanno accertato che ad ispirarli era stata l’avvenuta formale deliberazione di «una sorta di stato di guerra contro l’Italia» da attuarsi utilizzando una precisa strategia di tipo terroristico ed eversivo, che andava oltre i consueti metodi e le consuete finalità delle varie forme di criminalità organizzata. Dopo i fatti del 1992 lo Stato aveva reagito elaborando normative penitenziarie di rigore a carico degli esponenti di mafia (il noto art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario) e normative di favore per quegli esponenti della criminalità organizzata che decidevano di collaborare con gli organi di polizia o giudiziari. Le indagini ricostruirono l’esecuzione della strage di via dei Georgofili in base alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, in particolare Spatuzza che iniziò a collaborare nel 2008 dichiarando che la strage venne pianificata durante una riunione in cui erano presenti lui, Barranca e Giuliano insieme ai boss Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro e Francesco Tagliavia (capo della Famiglia di Corso dei Mille), i quali decisero l’obiettivo da colpire attraverso dépliant turistici. Nonostante ciò, a Firenze, come nel resto d’Italia, la risposta fu compatta e unitaria, la condanna ferma e senza possibilità di appello. Da allora i responsabili sono stati assicurati alla giustizia, e lo Stato ha onorato il sacrificio delle vittime, con il riconoscimento concesso a favore dei loro familiari, costituitisi parte civile nel processo, dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla legge n. 512/99.
12 giugno 1996 udienza preliminare. Il Giudice Soresina dirà che dietro a questa strategia stragista si intravedono “menti più fini” di quelle mafiose di cosa nostra.
12 novembre 1996 Apertura del processo. I familiari delle vittime non ritengono che la strage sia stata eseguita esclusivamente ad opera della mafia e credono fermamente alle “menti fini” di cui ha parlato il giudice il giorno dell’udienza preliminare.
6 giugno 1998 Sentenza di primo grado che si conclude con 14 ergastoli e condanne varie.
21 luglio 1999 Viene depositata la motivazione di sentenza nella quale viene dedicato ampio spazio al famoso episodio del proiettile di Boboli, ossia il 5 novembre del 1992 nel giardino di Boboli a Firenze viene fatto ritrovare un proiettile di artiglieria confezionato in un sacchetto per rifiuti, il tutto collocato vicino alla statua del Magistrato Cautius, inventore della cauzione. Questo episodio fu definito dagli allora inquirenti l‘anticamera delle stragi del 1993. I familiari delle vittime danno una loro interpretazione a quel messaggio: “congelate quelle specifiche investigazioni?..”. Si rafforza l’idea fra le vittime che la strage di Firenze non sia stata voluta soltanto da Cosa Nostra.
21 gennaio 2000 Sentenza stralcio relativa a Riina Salvatore, Graviano Giuseppe e altri. Due ergastoli.
6 maggio 2002 Sentenza di Cassazione. Confermati 15 ergastoli. Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro non si presentano in Cassazione, lasciando aperti molti interrogativi. Antonino Messana, l’uomo nella cui abitazione di Prato venne imbottito di tritolo il Fiat Fiorino usato per l’ attentato, viene rinviato nuovamente a processo.
Il 13 marzo 2003 la Corte d’ Assise d’ Appello di Firenze ribadisce la condanna a 21 anni di carcere. I familiari delle vittime esternano la loro soddisfazione per questa condanna. Messana si era sempre dichiarato vittima delle minacce mafiose e costretto, pena la sua vita e quella della sua famiglia, a prestare la sua abitazione come base, ma ovviamente una sua preventiva denuncia avrebbe potuto evitare la strage del 27 maggio ’93.